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Mobilità- La legge 104/92 prevale sulle norme pattizie. Commento a Tribunale di Palermo, sent. n. 2521 del 16.06.2021

Mobilità- La legge 104/92 prevale sulle norme pattizie.

Tribunale di Palermo, sentenza n. 2521- 16 giugno 2021.

Assegnazioni provvisorie. Competenza territoriale. Sede di effettivo servizio e sede di gestione amministrativa del rapporto. Prevalenza sede di effettivo servizio. Sussistenza.

Decadenza per mancata impugnativa provvedimento mobilità ex art. 32 “Collegato lavoro”. Esclusione.

Necessità di integrazione del contraddittorio. Ipotesi di litisconsorzio necessario. Esclusione.

Scelta della sede del soggetto beneficiario l.n.104/1992. Configurabilità solo all’atto dell’assunzione. Esclusione.

Scelta della sede del soggetto beneficiario l.n.104/1992. Configurabilità anche nelle operazioni di mobilità. Sussistenza.

Con l’annotata sentenza, il Tribunale di Palermo riconosce il diritto alla precedenza nelle operazioni di mobilità per il personale della scuola a favore dei beneficiari della l. n. 104/1992.

Si tratta certamente di una delle primissime pronunce successive alla pronuncia con cui la Cassazione (4677/2021) ha negato tale diritto, discostandosi peraltro esplicitamente da tale indirizzo interpretativo.

Preliminarmente, il Tribunale di Palermo affronta alcune questioni, quali competenza territoriale, eventuale decadenza e richiesta di integrazione del contraddittorio.

In ordine alla prima (indicazione del giudice competente in caso di docente in assegnazione provvisoria), condivisibilmente viene confermata la competenza del giudice  “nella cui circoscrizione ha sede l’ufficio in cui il dipendente è addetto”, intendendo come tale la sede di effettivo servizio, all’uopo richiamando Cass. n. 21562/2007.

Ugualmente infondata viene ritenuta l’eccezione di decadenza per mancato rispetto dei termini indicati dall’art. 32 “Collegato lavoro”.

Invero, nel caso in specie non si tratta di un trasferimento in senso tecnico, vertendosi piuttosto in ordine al rigetto della domanda di trasferimento[1]; d’altra parte – trattandosi di norme che dispongono una decadenza – non appare possibile ipotizzare un’interpretazione estensiva in via analogica.

Priva di fondamento risulta infine la richiesta di integrazione del contraddittorio, trattandosi di domanda volta ad ottenere il riconoscimento di un diritto di precedenza negato dal Ministero, “unico soggetto gravato a un obbligo nella gestione del rapporto di lavoro” con parte ricorrente.

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Se in ordine alle questioni preliminari la decisione del Tribunale di Palermo si pone sostanzialmente in linea con consolidata giurisprudenza di legittimità, nel merito la sentenza si discosta apertamente dalla linea interpretativa di Cass. n. 4677/2021.

Com’è noto, in tale pronuncia la Cassazione aveva condivisibilmente affermato che nella fattispecie occorre tener conto “di un bilanciamento di interessi tutti costituzionalmente protetti, di modo che il suo esercizio risulti compatibile con le esigenze organizzative della pubblica amministrazione datore di lavoro, su cui grava l’onere della prova di circostanze ostative all’esercizio dello stesso”.

Il diritto di scelta della sede, non solo all’atto della nomina, ma anche nel corso del rapporto di lavoro, mediante richiesta di trasferimento, era stato riconosciuto dalla Corte di Cassazione, con ordinanza n. 6150/2019[2].

Con tale pronuncia, la Cassazione – in materia di equo bilanciamento di interessi- aveva affermato il seguente principio: “L’art. 33, comma 5 disciplina uno strumento indiretto di tutela in favore delle persone in condizione di handicap, attraverso l’agevolazione del familiare lavoratore nella scelta della sede ove svolgere l’attività affinché quest’ultima risulti il più possibile compatibile con la funzione solidaristica di assistenza ferma la qualificazione come “diritto” della posizione soggettiva del lavoratore nella scelta della sede di lavoro più vicina al familiare da assistere, e in tal senso si esprime l’art. 33, comma 5 cit., non vi è dubbio che tale diritto non sia incondizionato (come reso evidente dall’inciso “ove possibile” contenuto nella norma) ma debba essere oggetto di un bilanciamento con altri diritti e interessi del datore di lavoro, ai sensi dell’art. 41 Cost.; tale bilanciamento, come già statuito da questa Corte (Cass. n. 24015 del 2017; n. 25379 del 2016; n. 9201 del 2012), dovrà valorizzare le esigenze di assistenza e di cura del familiare disabile del lavoratore col solo limite di esigenze tecniche, organizzative e produttive, allegate e comprovate da parte datoriale, non solo effettive ma anche non suscettibili di essere diversamente soddisfatte”(Cass. n. 6150/2019, cit.)

E, in effetti, è questo l’approdo cui era da tempo pervenuta la giurisprudenza di merito[3].

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Non viene però condivisa l’interpretazione con cui la citata Cass. n. 4677/2021 aveva invece affermato la piena compatibilità delle disposizioni contrattuali con la disciplina fissata dalla legge n.104, in quanto adottate “nell’ambito del principio del bilanciamento degli interessi che proprio la legge n.104 del 1992 privilegia”.

Il Tribunale di Palermo – dopo aver richiamato i principi stabiliti sia dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, sia dalla Convenzione ONU e dalla Commissione Europea in materia dei diritti delle persone con disabilità- ha osservato che l’applicabilità dei benefici previsti dalla legge 104/1992 al personale della scuola, è prevista da disposizione speciale, inserita nel Testo Unico della Scuola di cui al D. Lgs. n. 297/1994.

Di seguito, il testo della norma citata.

Art. 601 – Tutela dei soggetti portatori di handicap.

1. Gli articoli 21 e 33 della legge quadro 5 febbraio 1992, n. 104, concernente l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate si applicano al personale di cui al presente testo unico.

2. Le predette norme comportano la precedenza all’atto della nomina in ruolo, dell’assunzione come non di ruolo e in sede di mobilità.

Dunque, la precedenza per i soggetti aventi diritto ai benefici previsti dalla l. 104/1992 nelle operazioni di mobilità, è prevista espressamente dalla legge e, segnatamente, da legge speciale atta a disciplinare tale specifico comparto.

Del resto, l’Ordinanza Ministeriale che regola i trasferimenti del personale scolastico è stata più volte dichiarata illegittima dal Giudice Amministrativo, proprio in ragione della mancata precedenza riconosciuta al figlio quale referente unico del disabile grave bisognoso di assistenza[4].

E più volte lo stesso Giudice Amministrativo ha riconosciuto tale precedenza persino in favore del personale militare[5].

E’ appena il caso di ricordare che le disposizioni contenute nella legge 104/92 sono dirette a tutelare diritti di rilevanza costituzionale, quali quelli sottesi al diritto alla salute, alla solidarietà sociale e alla tutela dei disabili, discendenti dalle disposizioni di cui agli artt. 2, 3, 29 e 32 Cost.[6]

Com’è noto, le disposizioni contenute nel CCNI sulla mobilità del comparto scuola stabiliscono invece una discriminazione tra i soggetti che prestano l’assistenza al familiare disabile, attribuendo una precedenza ad alcuni e negandola ad altri, sulla base del rapporto di parentela, finendo così per limitare, se non negare, quei diritti garantiti dalla citata l.n. 104/1992, a tutela in primo luogo del soggetto disabile.

Non va infatti dimenticato che – come acutamente osservato da Corte di Cassazione n.6150/2019- il diritto tutelato dalla l.n. 104/1992 non è tanto quello del lavoratore che assiste il familiare, quanto quello del soggetto bisognoso di assistenza[7], il quale -in mancanza delle agevolazioni di legge- vedrebbe gravemente limitato il diritto di essere assistito, a causa delle note carenze del sistema pubblico di assistenza, che costringono la rete familiare a farsi carico delle inefficienze della P.A.

La sentenza del Tribunale di Palermo – pur discostandosi consapevolmente dalla linea interpretativa suggerita da Cass. n. 4677/2021- appare pertanto in linea con consolidata giurisprudenza di legittimità e merito in subiecta materia.

                                                               Avv. Francesco Orecchioni

                                                                      Foro di Lanciano


[1] Si legge in proposito nella sentenza: “di decadenza ai sensi dell’art.32 si può parlare solo quando il lavoratore intenda impugnare un atto datoriale modificativo del rapporto di lavoro in essere, non già quando voglia contestare che parte datoriale non abbia accolto una propria richiesta di modificazione del rapporto”.

[2] Questa Corte (Cass. n. 28320 del 2010; n. 3896 del 2009), in riferimento all’art. 33, comma 5, L. n.104 del 1992, sul diritto del genitore o familiare lavoratore “che assista con continuità un parente o un affine entro il terzo grado handicappato” di scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio, è applicabile non solo all’inizio del rapporto di lavoro mediante la scelta della sede ove viene svolta l’attività lavorativa, ma anche nel corso del rapporto mediante domanda di trasferimento. La ratio della norma è infatti quella di favorire l’assistenza al parente o affine handicappato, ed è irrilevante, a tal fine, se tale esigenza sorga nel corso del rapporto o sia presente all’epoca dell’inizio del rapporto stesso; diritto alla salute psico-fisica, comprensivo della assistenza e della socializzazione, va dunque garantito e tutelato, al soggetto con handicap in situazione di gravità, sia come singolo che in quanto facente parte di una formazione sociale per la quale, ai sensi dell’art. 2 Cost., deve intendersi «ogni forma di comunità, semplice o complessa, idonea a consentire e favorire il libero sviluppo della persona nella vita di relazione, nel contesto di una valorizzazione del modello pluralistico» (Corte Cost. n. 213 del 2016; n. 138 del 2010), ivi compresa appunto la comunità familiare” (Corte di Cassazione, ordinanza n. 6150/2019).

[3] In ordine all’inciso “ove possibile”: L’inciso “ove possibile” indica che tale possibilità di scelta non è assoluta, tuttavia correttamente l’appellante ha richiamato la giurisprudenza della Corte di legittimità che, per i rapporti di lavoro pubblico, ha stabilito che il rifiuto di accedere ad una tale richiesta è giustificabile qualora potrebbe determinarsi un danno alla collettività, danno che nel caso di specie non è ravvisabile, atteso che l’appellante è stato assunto in ruolo, seppur in via provvisoria, proprio presso l’I.C. di (…), dove quindi esisteva un posto vacante e disponibile e d’altra parte, nel bilanciamento di interessi contrapposti, il rilievo costituzionale del diritto alla salute, alla solidarietà sociale, alla tutela dei disabili, prevale sulle esigenze organizzative dell’istituzione scolastica, che peraltro nel caso di specie alcun danno patirebbe dalla soluzione prospettata dall’appellante. In relazione quindi alla circostanza che la legge 104/92 non fa alcuna graduazione circa i parenti o affini da assistere, sol richiedendo che il lavoratore sia l’unico in grado di prestare assistenza, va da se che il CCNI 11/4/17, che prevede la limitazione del diritto di precedenza nella mobilità interprovinciale a favore dei soli genitori e del coniuge del soggetto affetto da handicap, contrasta con l’art.33 che ha portata più ampia (Corte d’Appello L’Aquila, n.  618/2019).

[4] cfr. Tar Lazio, n. 7104/2019.

[5] Poiché la citata ordinanza n. 6150/2019 della Cassazione era relativa ad un dipendente delle Poste italiane, sembrerebbe che l’unica categoria del pubblico impiego in cui non trovano piena attuazione i principi fissati dalla l.n. 104/1992 sia il personale scolastico.

[6] Come si è visto, la giurisprudenza (costituzionale e di legittimità) ha da tempo ricordato che i principi stabiliti dalla l.n.104/1992 attengono a fondamentali diritti di rango costituzionale, sacrificabili e comprimibili solo di fronte a esigenze tecniche, organizzative e produttive, allegate e comprovate da parte datoriale, non solo effettive ma anche non suscettibili di essere diversamente soddisfatte”(Cass. n. 6150/2019, cit.)

[7] L’art. 33, comma 5 disciplina uno strumento indiretto di tutela in favore delle persone in condizione di handicap, attraverso l’agevolazione del familiare lavoratore nella scelta della sede ove svolgere l’attività affinché quest’ultima risulti il più possibile compatibile con la funzione solidaristica di assistenza” (Corte di Cassazione, Ordinanza n. 6150/19, cit.)