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Titoli all’estero conseguiti in Spagna: l’obbligo del Ministero di valutare l’istanza di riconoscimento del titolo sulla scorta dei principi dell’Adunanza plenaria

avvocato

Avv. Anna Chiara Vimborsati

Avv. Gianluigi Giannuzzi Cardone

Nota Ordinanza Cautelare Tar Lazio-Roma sez. IV bis n. 1904/2023 del 6/4/2023.

Per mezzo dell’ordinanza in commento, in accoglimento della richiesta misura cautelare, il Tar Lazio-Roma sez. IV bis ha accolto il ricorso proposto da un docente in possesso di un titolo conseguito in Spagna avverso il diniego di riconoscimento del titolo disposto da parte del Ministero dell’Istruzione e del Merito sul presupposto che il titolo conseguito difettasse di validità legale e fosse inefficace in Spagna con conseguente impossibilità di riconoscimento di qualsivoglia normativa italiana.

Per mezzo del ricorso proposto dinanzi al tar Lazio-Roma il ricorrente ha rivendicato la necessità che la valutazione del il titolo conseguito all’esito del percorso formativo frequentato in Spagna si fondasse sull’intero compendio di competenze, conoscenze e capacità acquisite verificando che «la durata complessiva, il livello e la qualità delle formazioni a tempo parziale non siano inferiori a quelli delle formazioni continue a tempo pieno».

A tal fine il ricorrente a eccepito che il Ministero dovesse valutare l’equipollenza dell’attestato di formazione in relazione ai principi di cui agli artt. 11, 12, 13 e 14  della Direttiva 2005/36/CE disponendo, se del caso, opportune e proporzionate misure compensative.

IL CONSIGLIO DI STATO SULL’OBBLIGO DI VALUTAZIONE DEI TITOLI ESTERI

Nella sentenza Ad. Plenaria Cons. Stato n. 19/2022 il Consiglio di Stato ha chiarito che “anche laddove non si voglia riconoscere la piena o la diretta applicabilità della Direttiva 2005/36/CE, come assume la Commissione nel già citato parere del 31 luglio 2019, persiste l’obbligo per le autorità italiane, come sostiene la stessa Commissione, di valutare le domande pertinenti ai sensi delle disposizioni più generali del TFUE in vista di un eventuale riconoscimento della formazione seguita, per quanto in assenza delle garanzie e dei requisiti di cui alla direttiva 2005/36/CE, e non è precluso alle stesse autorità di adottare queste garanzie, in modo estensivo, anche alla vicenda qui controversa”.

Rileva “il principio … per il quale l’autorità italiana deve comunque applicare la Direttiva europea ispirata alla parità di trattamento dei cittadini dell’Unione europea, e pertanto non deve considerare necessario che il diploma di laurea sia stato conseguito in Romania (Cons. St., sez. VII, 16 marzo 2022, n. 1850). Rileva infatti il principio enunciato dalla Corte di Giustizia, per il quale «spetta all’autorità competente verificare, conformemente ai principi sanciti dalla Corte nelle […] sentenze Vlassopoulou e Fernandez de Bobadilla, se, e in quale misura, si debba ritenere che le conoscenze attestate dal diploma rilasciato in un altro Stato membro e le qualifiche o l’esperienza professionale ottenute in quest’ultimo, nonché l’esperienza ottenuta nello Stato membro in cui il candidato chiede di essere iscritto, soddisfino, anche parzialmente, le condizioni richieste per accedere all’attività di cui trattasi» (cfr. Corte Giustizia UE, 13 novembre 2003, in causa C- 313/01, Morgenbesser) sicchè «spetta al Ministero competente verificare se, e in quale misura, si debba ritenere che le conoscenze attestate dal diploma rilasciato da altro Stato o la qualifica attestata da questo, nonché l’esperienza ottenuta nello Stato membro in cui il candidato chiede di essere iscritto, soddisfino, anche parzialmente, le condizioni per accedere all’insegnamento in Italia, salva l’adozione di opportune e proporzionate misure compensative ai sensi dell’art. 14 della Direttiva 2005/36/CE».

I TITOLI ESTERI COME TITOLI ASSIMILATI

Le certificazioni attestanti il conseguimento di una formazione vanno qualificati come ‘titolo assimilato’ ai sensi dell’art. 12 della Direttiva 2005/36/CE, per il quale «è assimilato a un titolo di formazione di cui all’articolo 11, anche per quanto riguarda il livello, ogni titolo di formazione o insieme di titoli di formazione rilasciato da un’autorità competente di uno Stato membro che sancisce il completamento con successo di una formazione acquisita nell’Unione, a tempo pieno o parziale, nell’ambito o al di fuori di programmi formali, che è riconosciuta da tale Stato membro come di livello equivalente, e che conferisce al titolare gli stessi diritti di accesso o di esercizio a una professione o prepara al relativo esercizio» ed «è altresì assimilata ad un titolo di formazione, alle stesse condizioni del primo comma, ogni qualifica professionale che, pur non rispondendo ai requisiti delle norme legislative, regolamentari o amministrative dello Stato membro d’origine per l’accesso a una professione o il suo esercizio, conferisce al suo titolare diritti acquisiti in virtù di tali disposizioni».

Nella sentenza Ad. Plen 19/2022 lo stesso Consiglio di Stato ha ben chiarito il contenuto e la definizione di tale disposizione in relazione ai titoli conseguiti all’esito di una formazione di cui si rivendica il riconoscimento  è riconducibile all‘attestazione di qualifica’ ai sensi dell’art. 13 della Direttiva 2005/36/Ce,  perché rilasciata all’esito del percorso formativo previsto nel Paese d’origine per l’accesso alla professione.

In continuità con quanto affermato innanzi, recentemente, il Consiglio di Stato nella sentenza n. 1361/2023 del 7/2/2023 ha ritenuto applicabili a CIRCOSTANZA RIGUARDANTE IL RICONOSCIMENTO DI UN TITOLO DI SOSTEGNO IN MANCANZA DI UNA CERTIFICAZIONE MINISTERIALE E PIUTTOSTO DI UN’APPOSITA CERTIFICAZIONE UNIVERSITARIA DI AVVENUTO CONSEGUIMENTO DEL TITOLO, CHE VANNO APPLICATO “al caso di specie i principi stabiliti dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 20 del 29 dicembre 2022. Il Ministero dell’Istruzione ha errato a non valutare la sopra indicata certificazione universitaria prodotta dall’appellante riguardo il percorso formativo svolto per gli insegnanti di sostegno. Il Ministero ha in questi casi l’obbligo di esaminare le istanze di riconoscimento del titolo formativo conseguito all’estero … tenendo conto dell’intero compendio di competenze, conoscenze e capacità acquisite, e verificando che la durata complessiva, il livello e la qualità delle formazioni a tempo parziale non siano inferiori a quelli delle formazioni continue a tempo pieno. Il Ministero deve dunque valutare l’equipollenza dell’attestato di formazione, disponendo, se del caso, opportune e proporzionate misure compensative ai sensi dell’art. 14 sopra richiamato della Direttiva 2005/36/CE. Deve essere salvaguardato poi il principio già enunciato da questa Sezione, per il quale l’autorità italiana deve comunque applicare la Direttiva europea ispirata alla parità di trattamento dei cittadini dell’Unione europea, e pertanto non deve considerare necessario che il diploma di laurea sia stato conseguito in Romania (Cons. St., sez. VII, 16 marzo 2022, n. 1850). Rileva infatti il principio enunciato dalla Corte di Giustizia, per il quale «spetta all’autorità competente verificare, conformemente ai principi sanciti dalla Corte nelle […] sentenze Vlassopoulou e Fernandez de Bobadilla, se, e in quale misura, si debba ritenere che le conoscenze attestate dal diploma rilasciato in un altro Stato membro e le qualifiche o l’esperienza professionale ottenute in quest’ultimo, nonché l’esperienza ottenuta nello Stato membro in cui il candidato chiede di essere iscritto, soddisfino, anche parzialmente, le condizioni richieste per accedere all’attività di cui trattasi» (cfr. Corte Giustizia UE, 13 novembre 2003, in causa C-313/01, Morgenbesser). Trattandosi poi di valutare la riconoscibilità del titolo formativo conseguito in Romania ai fini dell’abilitazione all’insegnamento, deve essere riconosciuta la competenza del Ministero dell’Istruzione e del Merito, e non del Ministero 07/02/23, 19:06 https://www.giustizia-amministrativa.it/portale/pages/avvocato/visualizza https://www.giustizia-amministrativa.it/portale/pages/avvocato/visualizza 7/8 dell’università e della ricerca, come affermato nell’impugnata sentenza.

L’ORIENTAMENTO DEL TAR LAZIO

In continuità ed in aderenza con l’arresto dell’Adunanza Plenaria anche il Tar Lazio-Roma nell’Ordinanza n. 783/2023 dell’8/2/2023 in relazione ha affermato che:

-“considerato che, come recentemente affermato dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, “la mancanza dei documenti necessari ai sensi del più volte art. 13 della direttiva 2005/36/CE non può pertanto essere automaticamente considerata ostativa al riconoscimento della qualifica professionale acquisita in uno Stato membro dell’Unione europea, dovendosi verificare in concreto il livello di competenza professionale acquisito dall’interessato, valutandolo per accertare se corrisponda o sia comparabile con la qualificazione richiesta nello Stato di destinazione per l’accesso alla ‘professione regolamentata” (v. Ad. Pl. n. 18/2022, punto 10 della motivazione);

 – che, in particolare, in conformità con quanto statuito dalla Corte di giustizia sentenza 8 luglio 2021, C-166/20, il Ministero dell’Istruzione è tenuto: “- ad esaminare «l’insieme dei diplomi, dei certificati e altri titoli», posseduti da ciascuna interessata; non dunque a «prescindere» dalle attestazioni rilasciate dalla competente autorità dello Stato d’origine, come invece hanno ipotizzato le ordinanze di rimessione;

– a procedere quindi ad «un confronto tra, da un lato, le competenze attestate da tali titoli e da tale esperienza e, dall’altro, le conoscenze e le qualifiche richieste dalla legislazione nazionale», onde accertare se le stesse interessate abbiano o meno i requisiti per accedere alla ‘professione regolamentata’ di insegnante, eventualmente previa imposizione delle misure compensative di cui al sopra richiamato art. 14 della direttiva” (v. Ad. Pl citata, punto 12 della motivazione);

che, peraltro, sussiste il periculum in mora consistente nell’impossibilità per l’interessata di svolgere in Italia l’attività di insegnante di sostegno.

L’ORDINANZA COMMENTATA – I PRINCIPI DELL’ADUNANZA PLENARIA APPLICATI AI TITOLI ESTERI.

Nell’Ordinanza in commento il Tar Lazio-Roma, in maniera ancor più sistematica ha ritenuto “opportuno che il Ministero dell’Istruzione riesamini la istanza di riconoscimento del titolo per l’insegnamento di sostegno, presentata dalla parte interessata, atteso che, ad una sommaria cognizione, sembra non essersi tenuto conto dei principi di diritto affermati dall’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato con le sentenze nn. 18, 19, 20, 21 e 22 del 2022” accogliendo la proposta domanda cautelare e ordinando, per l’effetto, all’amministrazione intimata il riesame della determinazione impugnata”.

L’ordinanza, pur ponendosi nel solco dei precedenti già pubblicati è di notevole interesse per la sostanziale semplificazione della questione relativa alla conformazione del procedimento amministrativo di valutazione dei titoli conseguiti all’stero attivati a seguito della proposizione di un’istanza di riconoscimento ai sensi del D. lgs. 106/2007.

L’obbligo conformativo, infatti, è evidentemente strutturato in relazione alla struttura procedimentale tratteggiata nelle sentenze dell’Adunanza Plenaria e si concreta nell’obbligo del Ministero di valutare il titolo conseguito all’estero in relazione alla struttura del corso frequentato, ai crediti formativi conseguiti e alle competenze maturate in relazione alla natura dell’attività di insegnamento da svolgere.

Il Consiglio di Stato, da ultimo nella Sent. Plenaria 19/2022 ha ben definito e tratteggiato le caratteristiche del procedimento amministrativo di valutazione del titolo conseguito all’estero ai fini del riconoscimento ex art. 22 D. Lgs. 206/20007 ed in rapporto alle specifiche finalità della Direttiva 36/2005/CE mediante un sistematico inquadramento della disciplina del riconoscimento dei titoli conseguiti all’estero nell’ordinamento giuridico italiano e per l’effetto degli organi competenti a disporne il riconoscimento in una prospettiva sostanzialistica che valorizza il contenuto delle competenze acquisite sulla scorta, da un lato, dei principi consolidati nella giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’UE e, dall’altro, dalla conformazione del potere amministrativo di riconoscimento, di per sé soggetto agli obblighi generali di motivazione degli atti amministrativi alla garanzia di partecipazione dei procedimenti amministrativi in relazione agli interessi legittimi nascenti dall’obbligo di osservanza del diritto europeo che si impongono anche alla pubblica amministrazione.

In tal senso, il provvedimento di valutazione dell’istanza di riconoscimento deve essere in ogni caso motivato ai sensi dell’art. 3 della L. 241/1990, ovvero garantita da un’adeguata motivazione e istruttoria.